sabato 1 luglio 2017

Nel mare ci sono i coccodrilli - Recensione



Come si fa a cambiare vita così, Enaiat? Una mattina. Un saluto.

Lo si fa e basta, Fabio.

Una volta ho letto che la scelta di emigrare nasce dal bisogno di respirare.



E' così. E la speranza di una vita migliore è più forte di qualunque sentimento. Mia madre, ad esempio, ha deciso che sapermi in pericolo lontano da lei, ma in viaggio verso un futuro differente, era meglio che sapermi in pericolo vicino a lei, ma nel fango della paura di sempre.
 


Buon weekend, cari Eclettici!

Ho appena terminato di leggere Nel mare ci sono i coccodrilli, di Fabio Geda e ho subito voluto scrivere una recensione per farvelo conoscere.

Questo libro merita davvero di essere letto: racconta una storia vera, quella di Enaiatollah Akbari, un ragazzo afgano che, a soli nove anni, è dovuto fuggire dal proprio paese d'origine e imbarcarsi in un lungo viaggio, che lo ha condotto in Italia, dove vive tutt'ora.

Scritto sotto forma di una lunga intervista, il libro è suddiviso in sei capitoli, tanti quante sono le tappe del viaggio di Enaiatollah: partendo dall'Afghanistan si è rifugiato prima in Pakistan, poi in Iran, ha attraversato la Turchia, è sbarcato in Grecia e, in seguito, ha raggiunto il nostro Paese.
Questo ragazzo non tralascia nulla di ciò che ha visto o subito, racconta tutto quello che ricorda, anche i fatti più atroci e le pene più dure. Descrive i luoghi che ha attraversato con una memoria talmente lucida che sembra quasi di vederli, sentirli, toccarli: la sabbia e il sole dell'Afghanistan, i bazar affollati in Iran, il gelo delle montagne in Turchia, il sale del mare della Grecia. 



 
I fatti sono importanti. La storia è importante. Quello che ti cambia la vita è cosa ti capita, non dove o con chi. 

  

Durante tutto il viaggio, Enaiatollah ha potuto contare solo sulle proprie forze per sopravvivere: in tutto ciò che racconta si percepisce la voglia di libertà che l'ha spinto a non arrendersi, a continuare a perseverare, a lottare con furbizia e intelligenza per un futuro migliore di quello che probabilmente avrebbe avuto nella terra natia. Se poi pensiamo che tutto ciò che racconta - il terrore di venire continuamente arrestato, rimpatriato, malmenato dalla polizia, dai trafficanti, da chiunque incontrasse – è stato vissuto da un bambino di appena nove anni, non possiamo fare altro che ammirarne la tenacia e la forza dimostrate. 
 



Il camion aveva un doppio fondo. Cinquanta centimetri in cui dovevamo stare seduti, con le braccia allacciate attorno alle gambe, con le ginocchia contro il petto, con il collo piegato per incastrare la testa fra le ginocchia. Hanno riempito il doppio fondo con noi, con tutti noi, con tutti e cinquanta e passa o quanti eravamo. Quando hanno chiuso, il buio ci ha cancellati. Quando hanno chiuso mi sono sentito soffocare. Ho cominciato a respirare con il naso, ma respiravo polvere. Ho cominciato a respirare con la bocca, ma avevo male al petto. Avrei voluto respirare con le orecchie o con i capelli, come le piante, che raccolgono l'umidità in aria, dall'aria. Ma non ero una pianta, e non c'era ossigeno. Da un certo momento in poi, ho smesso di esistere; ho smesso di contare i secondi, di immaginare l'arrivo. E' durata tre giorni. Non siamo mai usciti. Non hanno mai aperto.




Una parte importante di questo viaggio è rappresentata dalle persone che il protagonista incontra nei vari paesi. Enaiatollah non si sofferma sulle conoscenze e sui familiari che si è lasciato alle spalle, ma focalizza l'attenzione sulle amicizie che stringe, sugli uomini e sulle donne che lo aiutano e gli permettono di sopravvivere, lavorare e studiare. Come dimenticare la nonna greca, o il negoziante pakistano, o il giovane italiano che gli tendono la mano senza chiedere nulla in cambio?




Prima di occuparti degli altri devi trovare il modo di stare bene con te stesso. Come fai a dare amore, se non ami la tua vita?




Ci chiediamo mai cosa devono sopportare le persone che raggiungono il nostro Paese, quegli immigrati che fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla povertà?
La testimonianza di questo ragazzo afgano porta alla luce le fatiche, le ingiustizie e il dolore che accomunano tutti i richiedenti asilo, le loro speranze di una vita migliore, la gioia che deriva dal gesto gentile di uno sconosciuto.
Un libro veramente toccante e intenso, ironico e profondo, nel quale i sogni e l'innocenza del bambino si sommano alla maturità e alla lucidità dell'adulto. Una storia indimenticabile. 






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Titolo: Nel mare ci sono i coccodrilli
Autore: Fabio Geda (con Enaiatollah Akbari)
Editore: Baldini&Castoldi
Pagine: 154
Prezzo: 10 euro
Voto: 5/5


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Citazione preferita


Tre cose non devi mai fare nella vita, Enaiat, per nessun motivo. La prima è usare le droghe. Ce ne sono che hanno un odore e un sapore buono e ti sussurrano alle orecchie che sapranno farti stare meglio di come tu potrai mai stare senza di loro. Non credergli.
La seconda è usare le armi. Anche se qualcuno farà del male alla tua memoria, ai tuoi ricordi o ai tuoi affetti, insultando Dio, la terra, gli uomini, promettimi che la tua mano non si stringerà mai attorno a una pistola, a un coltello, a una pietra e neppure intorno ad un mestolo di legno, se quel mestolo di legno serve a ferire un uomo.
La terza è rubare. Ciò che è tuo ti appartiene, ciò che non è tuo no. I soldi che ti servono li guadagnerai lavorando, anche se il lavoro sarà faticoso. E non trufferai mai nessuno, vero? Sarai ospitale e tollerante con tutti. Promettimi che lo farai.
Promesso.


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